Come realizzare un reportage in un paese in guerra
L'ultima storia sull'Ucraina, con i consigli e suggerimenti che avrei voluto ricevere prima di partire.
Ben ritrovati! Mi è dispiaciuto trascurare la newsletter in queste settimane, ma sono stati mesi davvero intensi. In oltre ho avuto il piacere di raccontare molte delle esperienze fatte in Ucraina su Linkiesta.
Per me è stata un’esperienza estremamente formativa dal punto di vista umano, politico ma anche professionale. E proprio su questo vorrei condividere con voi tutte le cose che avrei voluto che qualcuno mi spiegasse. Spero un giorno qualcuno tra voi possa farne buon uso.
Prima però, un po’ d’ordine! Qui i link per chi volesse recuperare tutti i contenuti realizzati durante questi due mesi.
I reportage e gli articoli pubblicati sull’Ucraina
Piccola guida su come realizzare un reportage in paese in guerra
1. Racconta una storia che ti appassioni
I lettori più attenti ricorderanno che prima di partire ho pubblicato un lungo articolo “Perché l’Ucraina”. Non voglio ripetere qui le mie motivazioni, ma è importante che sappiate che sono riflessioni che devono maturare a lungo in voi. Era agosto 2022, la guerra era iniziata da sei mesi, ero in Basilicata e stava albeggiando , al termine del festival notturno “La Luna e i Calanchi”. Durante una lunga conversazione con i miei amici Ciccio e Adì, di quelle in cui ci si apre e si raccontano i propri sogni, dicevo:
“Devo trovare un modo per andare in Ucraina, perché è lì che si sta scrivendo la storia del mondo e d’Europa”.
Loro mi hanno sorriso, accondiscendenti, non immaginavano che fossi serio. Ecco, non credo che per ogni reportage servano due anni di motivazioni, ma credo che se si decide di fare un qualcosa del genere bisogna essere fortemente convinti, preparati e appassionati. Non possiamo raccontare una storia che trasmetta emozioni autentiche se non siamo noi i primi a essere animati dalla passione e dalla curiosità.
2. Trovati dei contatti sul posto
Prima di affrontare un reportage, specialmente se è in una zona di conflitto, bisogna avere qualcuno sul posto: persone o organizzazioni che possano aiutarti.
Nel mio caso la chiave per accedere al mondo ucraino è stata il volontariato. Sono partito da Bari, seguendo e supportando la comunità locale di profughi tra le raccolte di beni e le manifestazioni. I loro consigli e la loro esperienza sono stati molto utili, sia per costruire una narrazione, sia per questioni meramente logistiche.
Mi serviva però trovare una realtà lì sul posto e quindi ho cominciato a cercare sul sito del governo ucraino per il volontariato . Però c’erano alcuni problemi.
Avevo trovato principalmente volontariati legati a grossi sforzi fisici ( come ricostruire case o alzare barriere difensive). Questo non andava bene perché io sono un mingherlino e soprattutto mi avrebbe assorbito buona parte della giornata, lasciandomi senza forze per andare in giro ad esplorare.
Il secondo motivo per cui questi volontariati non andavano bene è che…erano a Kyiv. Fino all’ultimo minuto ho sempre avuto un po’ di paura e c’è sempre stata la possibilità di abbandonare all’ultimo il progetto in base ai bollettini di guerra. Il caso ha voluto invece che i giorni in cui sono entrato in Ucraina fossero postivi sul fronte e c’erano stati pochi bombardamenti. Ma è un qualcosa che non si può prevedere, già due settimane dopo la situazione sarebbe stata ben diversa. Insomma, non volevo impegnarmi a stare in una zona ad alto rischio così a lungo.
Non bisogna smettere di cercare e alla fine sono riuscito a trovare un volontariato più adeguato alle mie esigenze e capacità. In parte ci sono riuscito grazie a contatti maturati in altre esperienza, ma per chi non ne avesse, ci sono forum, gruppi Telegram, pagine Instagram. Bisogna darsi da fare e fino alla fine si trova quel che fa per voi.
Dal mio punto di vista la soluzione del volontariato in Polonia è stata perfetta: fuori dall’Ucraina, ma con gli ucraini. Ho raccolto informazioni, tante interviste, suggerimenti, senza però avere il suono degli allarmi aerei sopra la testa.
3. Il punto più importante: trova chi ti pubblica e capisci che tipo di contenuto realizzare
Questa è proprio una parte dove avrei voluto che qualcuno mi spiegasse un po’ di fatti prima di partire.
Io pratico l’attività giornalistica dal 2014, però non avevo mai lavorato come freelance e non avevo mai provato a vendere un prodotto prima di averlo realizzato. Questo cambia tutto.
Nei mesi prima di partire ho incontrato diversi produttori di diverso tipo. Produttori di video, produttori di documentari, giornalisti nazionali. Ho chiesto consigli e proposto il progetto a molti di loro. Mi ha aiutato a capire limiti e possibilità.
Ho poi trovato un giornale interessato a pubblicare il reportage. Come? Un po’ contatti personali, dopo anni che sono nel settore e un po’ facendo una cosa che può fare chiunque. Ho mandato mail a più di venti redazioni che pensavo potessero essere interessate. Più di una mi ha risposto ma alla fine ho scelto di collaborare con Linkiesta.
Il punto è che capirai quale reportage fare solo quando saprai a chi venderlo. Questo è fondamentale, perché, conoscendo il pubblico finale, potrai ottimizzare i tuoi sforzi e scegliere con cura l'attrezzatura da portare. L’attrezzatura pesa, costa, e può danneggiarsi, quindi è importante essere strategici. Ecco cosa portare, con relativi pro e contro, in base al tipo di reportage che hai in mente. Sia chiaro che a ognuno di essi va accompagnata un’attività d promozione sui social.
🎥 Reportage Video
Attrezzatura: Videocamera compatta, microfono direzionale, treppiede/stabilizzatore, batterie di riserva.
Pro: Impatto visivo ed emotivo, ideale per piattaforme multimediali.
Contro: Post-produzione lunga e impegnativa, richiede competenze tecniche.
📸 Fotoreportage
Attrezzatura: Fotocamera , power bank, notebook per appunti, registratore audio.
Pro: viaggi leggero ed è facile da “piazzare”.
Contro: Compensi modesti e “gira” di meno.
🎙️ Podcast
Attrezzatura: Registratore audio, microfono esterno, software di editing.
Pro: Mercato in espansione, crea connessione emotiva con l’ascoltatore.
Contro: Montaggio lungo, richiede una narrazione coinvolgente, è difficile emergere.
“Ma io vorrei fare tutto!”
Se hai un team che ti supporta, fantastico! Altrimenti, dovrai fare delle scelte realistiche in base alle tue risorse economiche e al tuo tempo.
Il mio grosso errore è stato cercare di fare reportage video per tutto il tempo. Avrei dovuto focalizzarmi sulle fotografie, perché tornato a Bari non ho avuto minimamente il tempo di montare ed editare un video documentario. Ho provato a farlo, ma dopo quattro giorni di faccia nel computer ho desistito. Se mi fossi focalizzato solo sulle foto e su pochi video, avrei avuto foto di più alta qualità, avrei fatto meno fatica e riempito meno SD. Pazienza, esperienza.
4. Trova un buon compagno di viaggio
“Ciao, sto andando in Ucraina a fare un reportage, mi serve un assistente ma non posso pagare. Ti va di venire con me?” . Ecco, a questa domanda solo un matto completo avrebbe potuto rispondere di sì. Io fortunatamente quel matto l’ho trovato, un ragazzo motivato quanto me, con un’ottima conoscenza dell’Ucraina, del conflitto, della sua storia e sa pure qualche parola di ucraino.
Prima di partire ci siamo seduti a un tavolino di un bar. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo chiesti “Perché farlo?”. Abbiamo addotto motivazioni diverse, ma simili. Soprattutto una era condivisa: andare a vedere una libro di storia dal suo interno.
Andrea Zazzera è stato un parte fondamentale di questa storia per molti motivi.
Nei giorni prima di entrare in Ucraina io e Andrea non abbiamo mai dormito decentemente. Sia per le attività da fare al campo di volontariato, sia perché avevamo ansie e incubi a turno. Momenti di pentimento, momenti in cui ci veniva in mente che era davvero una stronzata andare lì, che rischiare di morire per vivere un’avventura non ne valeva la pena. A turno ci siamo agitati, a turno ci siamo calmati a vicenda. Il segno di questo stress, di questo non detto, erano i brufoletti. Sì, fa ridere, ma in quelle settimane eravamo pieni di sfoghi delle nostre ansie sul nostro corpo.
Nei giorni a Kyiv i nostri nervi sono statiti messi a dura prova più volte dai numeri allarmi aerei e la conseguente mancanza di sonno, ma non abbiamo mai litigato, cosa non scontata durante 15 giorni di viaggio dove vi può naturalmente essere un po’ di tensione.
Per quanto Andrea nella vita di solito faccia il paleontologo, durante il viaggio ha fatto di tutto per imparare i trucchi del mestiere ed essermi sempre più di supporto, alcune volte anche sostituendomi nelle interviste e gestendo spesso tante parte dell’attrezzatura. In un viaggio così lungo e pericoloso trovare qualcuno che ti supporti, che abbia tutta questa motivazione e voglia di imparare non è semplice. Sono stato fortunato e sarò sempre grato ad Andrea, ottimo compagno di viaggio e buon amico.
5. Improvvisa e fai chiacchere con la gente
Hai programmato il programmabile, ora ricordati che devi vivere un’avventura. Non puoi pretendere di avere un piano per ogni cosa, ne aspettare che sia tutto “perfetto”.
Arrivato sul posto poi devi fare quello che fa ogni pessimo chiacchierone e ogni buon giornalista: devi parlare con tutti. Fare domande a chiunque, ascoltare conversazioni al bar e per strada e così trovare situazioni, eventi, persone, posti che non avresti mai immaginato di vedere.
Ci sono che non puoi studiare da casa e che puoi scoprire solo lì, se così non fosse il tuo ruolo di reporter sarebbe inutile.
Come il buon Andrea ripeteva spesso: “non c’è persona più socievole di un fumatore senza accendino”. Io di accendini ne ho chiesti tanti, uno di questi mi ha fatto fare amicizia con Mycha, imprenditore Ucraino con la famigli in Italia. Mycha ci ha portato a pranzo e ci ha raccontato tante cose dell’economia e dell’agricoltura ucraina, oltre a mostrarci un altro e inaspettato lato di Kyiv.
Muovetevi, parlate, chiedete. Se avete paura di sembrare inopportuni sappiate che sì, può capitare. Tutte le altre volte però avrete fatto un passo in più per una notizia
Potrà capitarvi di essere gentili con una signora e suoi bambini, che si scopriranno essere moglie e figli di “Arsenicum”, gigantesco soldato Ucraino di Charkiv. E Arsenicum ne ha di storie da raccontare, peccato non parli inglese. Ma quando ha capito che ero un volontario ci ha tenuto a regalarmi una bandiera del suo reggimento.
Per quanto siate in Ucraina o nel bel mezzo di una guerra, le cose interessanti non vi capiteranno addosso da sole. Bisogna parlare con la gente.
6. Quel che credevi di avere non è quel che hai
Ricordi il punto tre? Quello in cui ti mettevi d’accordo sul materiale da produrre, sul tipo di contenuto che avevi in mente? Beh, una volta tornato a casa, ti renderai conto che la realtà è ben diversa. Sei partito con l’idea di raccontare una storia, ma ti accorgi che nel frattempo ne hai vissute almeno quattro o cinque.
Ora viene il momento di metterti al lavoro. Devi ripartire da zero, rivedere tutto il materiale e decidere cosa raccontare e come farlo. L’unica via è metterti seduto, con calma, e riorganizzare i tuoi pensieri. Rivedi ogni video, riascolta ogni intervista e chiediti: “Che cosa di tutto questo è davvero notiziabile?”
Se pensi di voler raccontare ogni singolo dettaglio della tua avventura, dall'inizio alla fine, stai scrivendo un libro – cosa che potrebbe non essere la scelta giusta. Se, come nel mio caso, stai collaborando con un giornale online, dovrai rispettare un limite di battute, solitamente tra 5.000 e 10.000. Questo ti costringe a focalizzarti su un filo conduttore, selezionando i temi principali che emergono dalle storie raccolte.
Quando sono tornato dall’Ucraina, il mio accordo era di pubblicare un solo articolo. Ma dopo aver rivisto tutto il materiale, ho proposto otto idee alla redazione de Linkiesta e alla fine ne abbiamo pubblicati quattro. La chiave sta nel saper vedere quali storie possono stare insieme e quali meritano articoli a sé.
7. Consiglio bonus: non far preoccupare la mamma
Una delle domande che mi hanno fatto più spesso è stata: "Ma tua mamma non ha avuto paura?". La verità è che mia madre è sempre stata la mia più grande sostenitrice.
"Se ti dico di non partire, tanto parti lo stesso. Preferisco dirti di sì, così almeno mi racconti le cose."
Le madri sanno sempre come spiazzarci. Il giorno dopo, si è installata Instagram per seguirmi tramite le storie. Non mi ha chiamato quasi mai, ma io l'ho sentita spesso, sperando di calmare le sue ansie, che comunque non mi ha mai palesato e non mi ha mai fatto pesare.
Ma la preoccupazione dei nostri cari è reale, e per quanto possiamo sentirci preparati, è essenziale adottare tutte le misure di sicurezza necessarie. Quando si parte per un reportage in una zona di conflitto o a rischio, bisogna essere prudenti. Registrarsi su Viaggiare Sicuri, avvisare la Farnesina, avvisare l’ambasciata italiana e tenere sempre aggiornati i propri contatti sono passi fondamentali.
Sono stato anche richiamato telefonicamente dalla Farnesina il giorno prima di entrare in Ucraina. Ci hanno spiegato una serie di protocolli di sicurezza e chiesto di confermargli l’itinerario. Sono stati molto gentili.
Tornato dall’Ucraina a mia madre ho portato un foulard di seta, con sfondo giallo e fiori blu, e un libretto con gli affreschi della Basilica di San Michele di Kyiv. È stata molto contenta, nonostante un po’ di paura.